Capitolo III: Chiara: anatomia semiseria di una donna sempre dalla parte giusta (la sua)

So benissimo perché ci sono andata, a quella cena.
Non perché Paolo insistesse. No.
Ci sono andata perché volevo entrare nel gruppo, farmi accettare e, dettaglio non irrilevante, vedere se qualcuno avrebbe finalmente notato il nuovo colore dei miei capelli.

L’ho fatto da tre giorni. Nessuno se n’è accorto.
I maschi sono ciechi, le donne sono invidiose.

Avevo deciso che quella sera non mi sarei fatta coinvolgere.
Volevo essere leggera, elegante, imperturbabile. Me stessa insomma.
E invece, dopo cinque minuti, già annotavo mentalmente tutto: chi si era vestito peggio, chi beveva troppo, chi fingeva di stare bene.
Io, per esempio, stavo benissimo. A modo mio.

Quando Elisa è entrata, ho pensato sinceramente che sarebbe stato meglio se avesse avuto un contrattempo.
Cos’era venuta a fare? Con me ha chiuso.

Lei ha quella calma che mi irrita: il modo in cui sta zitta come se avesse sempre ragione.
Un tempo eravamo amiche, più o meno.
Pseudo-amiche: parlavo sempre io, lei annuiva, poi andava a casa e faceva l’opposto. Il rituale era sempre lo stesso: io parlavo, lei annuiva. Sempre.
Una volta le ho chiesto: «E tu come stai?»
Silenzio. Dev’essere svenuta da qualche parte fra un’approvazione e un sorriso.
Poi, quando ha smesso di ascoltare i miei consigli, non richiesti ma fondamentali, ci siamo allontanate male.
Male male.

Io gliel’avevo detto: “Lascialo e prendigli tutto.”
Lei invece ha scelto l’autogestione e ha fatto casino.

Federico era lì, ovviamente.
Karim l’ha invitato “per spirito di gruppo”.
Per una volta ha chiamato qualcuno che ha ancora un po’ di dignità.
Lui è sempre uguale: quell’aria da filosofo che irrita gli insicuri, ma almeno dietro c’è sostanza.
Non parla a vuoto, non fa sceneggiate, non ha bisogno del macchinone per sentirsi un uomo.
E con Elisa, diciamolo, è stato persino troppo signore. Lei con lui non è stata esattamente cristallina, e comunque non gli ha reso facile voltare pagina.

Il mio Paolo, invece, era tranquillo.
Beato lui.
Parlava con Stefano — che gesticolava come una scimmia isterica mentre spiegava la differenza tra filologia e file system. Io lo guardavo e pensavo: “Il curry non è la spezia più piccante di questa tavolata.”

Poi è iniziato lo spettacolo.
Speedy si è incollato ad Elisa.
E si è lamentato di chi urlava alle vecchiette in piscina, mentre urlava quanto cinque vecchiette tutte insieme.
Lei lo ascoltava, gentile, e ogni tanto sorrideva.
Errore fatale.

Ogni volta lui ripeteva:
«Non allisciare il pelo al lupo.»
Come se un sorriso fosse un preliminare.

E qui, lo ammetto, mi sono chiesta: Speedy sa della storia con Federico?
O sa quello che sanno tutti tranne gli interessati?

Poi Federico ha iniziato a parlare delle sue lezioni in piscina.
Storie normali, da istruttore.

«Oggi una mi ha chiesto se posso insegnarle a fare la capriola sott’acqua. Ottant’anni. Io già mi vedevo al pronto soccorso.»

Ridevano tutti. Speedy no.

Speedy gli ha risposto secco:
«Eh, ma tu con le vecchiette devi andarci piano… Io invece quelli che fanno gli spiritosi li prendo e li…»

Federico gli ha sorriso.
«Dai domani vieni a darmi una mano col corso.»

E lì… l’ho visto rompersi. Mi sono sporta verso di lui, aria da crocerossina dell’anima.

«Tutto bene?»
«Sto bene.»
«Certo. Però quando parla Federico cambi faccia.»

Speedy ha sbuffato.
Io ho sorriso: il tipo di sorriso che apre la porta agli errori degli altri.

«Dai Speedy… è normale, no? Un po’ ti piace Elisa.»
«Ma che dici?»
«Tranquillo, lo vedono tutti. E capisco che bruci se in giro gira voce che lei e Federico… insomma… qualcosa ci sia stato.»

Lui si è irrigidito.
«Che cosa?»
«Mah… chiacchiere. Però se tu avevi una speranza…»

Game over. Speedy era in moto.

A quel punto ho visto Elisa alzarsi e andare in bagno.
Il suo compagno l’ha seguita con lo sguardo come un cane da guardia che sente odore di guai, poi si è voltato verso Speedy.
La scintilla era già lì.

Due minuti dopo, Speedy e il compagno di Elisa sono spariti dal tavolo.
Li ho visti uscire insieme dal locale: una scena surreale, due non-fumatori che escono come per fumare.
Ho pensato: “Perfetto. Un ferito e un irritabile: cocktail esplosivo.”

Quando sono rientrati, Speedy aveva quell’aria da “sto bene, sto bene… sto malissimo”.
Per calmarsi, si è lanciato al tavolo delle quattro signore sedute accanto a noi.
Un capolavoro di imbarazzo: battutine, sorrisi, un ginocchio troppo avanti.
Le donne lo guardavano come si guarda un documentario: con curiosità, ma senza avvicinarsi.

Purtroppo è tornato giusto in tempo per incrociare Federico, che raccontava un’altra storia della piscina.
Speedy ha sbuffato come un toro in preparazione.

Federico ha provato a sdrammatizzare:
«Dai Speedy, non fare quella faccia. Vieni tu a tenere il corso con me domani?»

Speedy ha risposto con un mezzo ringhio.
Ed ecco comparire il compagno di Elisa, che ha ribattuto qualcosa di tagliente — non l’ho sentito parola per parola, ma il tono era nitido: quello che fa salire la pressione.

E da lì era ovvio che sarebbe esploso tutto.

Speedy che si gonfiava a vista d’occhio,
il compagno di Elisa che annusava il dramma come un segugio,
Federico che rimaneva se stesso.

La discussione, l’uscita offesa di Federico, il sellino sparito, Karim che versava acqua come se stesse benedicendo dei superstiti…
un quadro perfetto.

Quando Federico se n’è andato, Speedy ribolliva come un minestrone dimenticato sul fuoco.
Mi sono avvicinata.

«Allora Speedy… respira. Ti sei agitato tanto. Cos’è successo?»

Lui guardava verso l’uscita, rosso come un semaforo difettoso.
«Ho perso la calma.»

«Federico?»
«No… Lui. Il compagno di Elisa. Mi voleva calmare ma mi agitavo. Fuori mi ha detto due cose… e io… boh… mi sono preso male.»

Io dentro ridevo: finalmente la conferma.
Fuori mostravo la faccia da santa.

«Eh Speedy… quando certe persone vogliono far scoppiare una bomba, basta che trovino chi accende il fiammifero. Non è colpa tua.»

Lui ha annuito, convinto.
Lì ho pensato che avrei potuto convincerlo anche che il curry viene estratto dal petrolio.

Alla fine, ho guardato Paolo e gli ho detto:
«Ecco perché non devi più fare cene: l’umanità è un rischio sanitario. E io non credo nei vaccini.»

Lui ha sorriso, mi ha preso la mano.
Per un attimo ho pensato che almeno una cosa nella mia vita funzionava.

Poi ho aperto Instagram.
Federico aveva già pubblicato una storia:

“Gente falsa e vino amaro.”

Lì ho capito che la serata era perfetta.

Amo il curry.
Ma solo se lo cucino io.

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