Capitolo IV: Non allisciare il pelo al lupo

(storia raccontata al bar, convinto di essere stato bravissimo)
Io quella sera non volevo neanche uscire.
Giuro.
Ero sul divano, rilassato, con la mia bici — non la bici, LA bici — appoggiata accanto come una fidanzata non giudicante.
Stavo guardando un tutorial su YouTube: “Come cambiare le pastiglie dei freni senza mandare tutto a puttane”.
Stavo imparando.
Poi mi arriva un messaggio di Paolo:
«Dai vieni, è il cinquantesimo di Karim.»
Io a Karim voglio bene.
È l’unico che quando ti vede dice “Come va?” e sembra che gli interessi davvero, anche se non si ricorda il tuo nome.
Così mi vesto:
doccia, gel (troppo), profumo (troppo), felpa bella (forse troppo).
Mi guardo allo specchio e penso:
“Stasera potrei anche piacere a qualcuno.”
Illuso.
Entro e sembra di stare dentro un cartone animato ambientato in India:
tutto arancione, rosso, luci basse che fanno sembrare tutti più intelligenti di quanto siano.
Odore di curry, fritto, spezie impazzite.
Io penso:
“Se non litighiamo entro il secondo piatto, è un miracolo.”
La vedo.
Elisa.
Mi prende un colpo.
Lei è… boh…
una che se ride ti scioglie, se tace ti scioglie comunque, se ti guarda ti scioglie e basta.
Poi è intelligente, e io con le donne intelligenti mi sento come un bambino al primo giorno di scuola.
Le parlo delle vecchiette in piscina.
Lei ascolta.
ASCOLTA.
Una donna che ascolta Speedy è come un unicorno che fa la spesa al Lidl.
Una cosa rara.
Le dico:
«Non allisciare il pelo al lupo.»
Era per sembrare misterioso.
Sono sembrato solo scemo.
Lei sorride.
Io vado in tilt.
Accanto c’erano quattro donne splendide.
Quella era la vera giuria della serata:
- la bionda col leopardato da apericena,
- la mora con gli occhiali appesi a una catenella da professoressa che boccia,
- quella che rideva come una pentola a pressione,
- e l’ultima che guardava me come fossi una scelta di vita sbagliata.
A un certo punto pensavo volessero adottarmi.
Poi vedo Federico.
Sempre lui.
Sempre perfetto.
Sempre con quella barba che sembra fatta col compasso.
Sempre vestito come uno che ha appena girato uno spot della Samsung.
Lui parla e le donne ridono.
Io parlo e sembra un TED Talk sbagliato.
Federico racconta la storia della vecchietta che vuole imparare la capriola.
Lui fa la battuta.
Loro ridono.
Lui fa un’altra battuta.
Ridonano.
Io faccio una battuta:
silenzio.
Mi sentivo come l’antipasto vegetariano: nessuno lo vuole, ma per educazione lo guardano.
A un certo punto Chiara si avviina.
Chiara è come Google: sa tutto, giudica tutto, e non puoi disinstallarla.
Mi guarda e fa:
«Tutto bene?»
«Sì.»
«Certo… però quando parla Federico ti cambia la faccia.»
Cosa dovevo risponderle?
Che sì, è vero, mi dà fastidio perché lui fa lo splendido e io sembro suo cugino ignorante?
No.
Quindi ho fatto l’uomo duro:
«Io quelli così li prendo e li…»
Non so mai come finire la frase.
Ma loro capiscono comunque il concetto: “Sono fragile ma faccio finta di essere grosso.”
Lei poi mi spara in faccia la verità:
«Dai Speedy… un po’ ti piace Elisa.»
Io sudo.
Io arrossisco.
Io implodo.
Io muoio dentro.
«Ma cosa dici?!»
«Lo vedono tutti.»
Tutti?!
Anche le signore del tavolo accanto?!
Cristo.
Poi dice la frase che mi uccide:
«Capisco che bruci, se hanno detto che Elisa e Federico hanno avuto qualcosa…»
Mi è partito il battito a tamburo.
Un rave nel petto.
Poi arriva lui.
Il compagno di Elisa.
Quello che capisce ogni sguardo, ogni micro-espressione, ogni tensione.
Io gli parlo e mi sento sotto esame.
Mi dice:
«Vieni un attimo fuori.»
Io lo seguo come un cucciolo smarrito.
Fuori mi parla.
Non ricordo niente.
Mi ricordo solo il tono: metà amico, metà minaccia, metà filosofia zen.
Tre metà.
Non tornava niente.
Torno dentro con la testa marcia.
Mi butto al tavolo delle quattro signore.
Loro mi guardano come si guarda un documentario su un animale in via d’estinzione.
Io faccio una battuta.
Una ride.
Una sospira.
Una dice “povero”.
Una mi dà un consiglio senza parole:
“vai a casa”.
Federico fa una battuta gentile:
«Speedy, vieni tu domani a fare il corso con me?»
Le signore ridono.
Elisa ride.
Chiara sorride.
Il compagno socchiude gli occhi.
Io voglio morire.
Mi si spegne la luce dentro.
Federico si alza.
Elisa lo guarda.
Il compagno si alza.
Chiara mi tocca il braccio e dice:
«Vedi? È lui che ti manda fuori di testa. Non è colpa tua.»
A quel punto avrei creduto anche che fosse colpa del curry.
Federico se ne va come un attore offeso.
Io torno alla bici.
Il sellino non c’è più.
Un colpo basso.
Un trauma.
Torno dentro e dico la frase più triste del mondo:
«Ragazzi, scusate. Ho bevuto troppo. Non volevo rovinare la serata.»
E lo pensavo davvero.
Io non volevo rovinare niente.
È che… quando mi sento invisibile, divento gigantesco.
forse piacevo a Elisa…
forse no
Federico mi irrita perché è perfetto
il compagno di Elisa mi confonde
Chiara è un incrocio tra una madre e un algoritmo
il ristorante era troppo rosso
le signore erano bellissime e spaventate
il sellino era davvero da 500 euro
e il curry… il curry non l’ho digerito ancora adesso
